Inversione di rotta sulla portata applicativa
della 231. D'ora in avanti, infatti, le norme sulla responsabilità
amministrativa degli enti saranno applicabili anche all'impresa
individuale.
Lo ha sancito la Corte di cassazione che ha
respinto il ricorso di una piccola azienda coinvolta nell'ambito di
un'inchiesta sui rifiuti.
Fino a ieri tutti i Collegi di legittimità
chiamati a decidere su casi di impresa individuale avevano sostenuto, in modo
omogeneo, che "soltanto sugli enti dotati di personalità giuridica che
siano strutturati in forma societaria o pluripersonale possono farsi gravare
gli articolati obblighi nascenti dal d.lgs. 231/2001".
Ma, questa volta, gli Ermellini non hanno condiviso la tesi bocciandola
espressamente "come un argomento privo di pregio per un concorrente
ordine di ragioni".
E ci hanno messo di mezzo pure la Costituzione. Come sempre le interpretazioni
"pioniere" di Piazza Cavour, e cioè quelle che vanno a riempire un
dichiarato vuoto normativo, sono, per usare le parole dei giudici,
"costituzionalmente orientate".
C'è un solo requisito, dunque, per l'applicabilità della 231: la personalità
giuridica. Insomma i destinatari di queste norme "ben possono essere
identificati sulla base dell'appartenenza alla generale categoria degli enti
fornitori di personalità giuridica nonché di società associazioni anche
prive di questa".
In sostanza, "muovendo dalla premessa che l'attività riconducibile
all'impresa è attività che fa capo a una persona fisica e non a una persona
giuridica intesa quale società di persone (o di capitali), non può negarsi
che l'impresa individuale (divergente dalla ditta individuale) ben può
assimilarsi a una persona giuridica nella quale viene a confondersi la persona
dell'imprenditore quale soggetto fisico che esercita una determinata attività:
il che porta alla conclusione che, da un punto di vista prettamente tecnico,
per impresa deve intendersi l'attività svolta dall'imprenditore-persona
fisica per la cui definizione si rinvia al codice civile".
Ma non basta. Secondo la Cassazione il rinvio di questo testo di legge tanto
discusso a soggetti metaindividuali "creerebbe il rischio di un vero e
proprio vuoto normativo, con inevitabili ricadute sul piano costituzionale
connesse a una disparità di trattamento tra coloro che ricorrono a forma
semplici di impresa e coloro che, per svolgere l'attività, ricorrono a
strutture ben più complesse e articolate".
E ancora, con una motivazione - fiume la Cassazione precisa che "è
indubbio a questo punto che la disciplina dettata dal d.lgs. 231/01 sia
senz'altro applicabile alle società a responsabilità limitata unipersonali,
così come è noto che molte imprese individuali spesso ricorrono ad una
organizzazione interna complessa che prescinde dal sistematico intervento del
titolare dell'impresa per la soluzione di determinate problematiche e che può
spesso involgere la responsabilità di soggetti diversi dall'imprenditore ma
che operano nell'interesse della stessa impresa individuale".
Ed ecco finalmente il punto: una lettura delle
norma orientata ai lumi della Carta Fondamentale, dicono i giudici, dovrebbe
indurre a conferire all'articolo 1 della 231 "una portata più
ampia", tanto più che "non cogliendosi nel teso alcun cenno
riguardante le imprese individuali, la loro mancata indicazione non equivale a
esclusione ma, semmai, ad una implicita inclusione dell'area dei destinatari
della norma".