STUDIO COMMERCIALE E LEGALE "DI BENEDETTO - NATELLIS"

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PER IL PROFESSIONISTA NON E' REATO L'USO

DI SOFTWARE TAROCCATI.

MA TI CONVIENE?

Non costituisce reato l’utilizzazione per lo svolgimento dell’attività dello studio professionale di programmi informatici privi del contrassegno SIAE.
È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, nella sentenza 28 ottobre 2010 n. 42429, in relazione ad un caso in cui al legale rappresentante di uno studio associato (di architetti) era stata contestata la fattispecie di cui all’art. 171-bis, comma 1 della L. 633/41, in ragione dell’utilizzo per l’attività professionale di software non munito della relativa licenza d’uso.

Ai sensi dell’art. 171-bis, comma 1 primo periodo della L. 633/41, è soggetto alla pena della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da 2.582 a 15.493 euro chiunque per trarne profitto:
- abusivamente duplica programmi per elaboratore;
- importa, distribuisce, vende, “detienea scopo commerciale oimprenditoriale” o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE).
I giudici di primo grado e di appello condannavano il rappresentante legale dello studio associato, ritenendo che l’utilizzo per lo svolgimento dell’attività professionale configurasse una detenzione a scopo imprenditoriale. Tale soluzione non è condivisa dalla sentenza in commento, che, confermando quanto già stabilito in precedenti pronunce (cfr. Cass. 22 dicembre 2009 n. 49385), sottolinea come la detenzione a scopo commerciale o imprenditoriale non si riferisca anche alla detenzione ed utilizzazione nell’ambito di una attività libero professionale. Tale attività, infatti, non rientra in quella “commerciale o imprenditoriale” contemplata dalla fattispecie incriminatrice. Non può, inoltre, essere estesa analogicamente la nozione di attività imprenditoriale fino a comprendere ogni ipotesi di lavoro autonomo, realizzandosi una applicazione della norma “in malam partem” vietata in materia penale (art. 14 delle preleggi).

Rileva la comunicazione delle regole tecniche alla Commissione UE

La Suprema Corte si sofferma anche sull’eccezione di inopponibilità ai privati della mancanza del contrassegno SIAE, in quanto regola tecnica non previamente comunicata alla Commissione UE. Si ricorda, infatti, che la Corte di Giustizia europea, nella sentenza 8 novembre 2007 C-20/05 (Schwibbert), ha statuito che l’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE rientra nel novero delle regole tecniche che devono essere notificate dallo Stato alla Commissione UE – in base alle Direttive 83/189/CE e 98/34/CE – al fine di verificare la compatibilità dell’obbligo con il principio di libera circolazione delle merci. Con la conseguenza che, qualora tali regole tecniche non siano state notificate alla Commissione, non possono produrre effetti nei confronti dei privati.
Sussiste, quindi, l’obbligo dei giudici nazionali di disapplicare le norme che prevedono come “elemento costitutivo” del reato la mancata apposizione del predetto contrassegno in relazione ai fatti commessi anteriormente alla comunicazione delle predette regole tecniche (cfr. Cass. 2 aprile 2008 n. 13823). Regole che sono state collocate nel DPCM 23 febbraio 2009 n. 31 (“Regolamento di disciplina del contrassegno da apporre sui supporti, ai sensi dell’articolo 181-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633”), adottato a conclusione della procedura di notifica (n. 2008/0162/I) avviata dal Governo italiano, in data 23 aprile 2008, ai sensi della Direttiva n. 98/34/CE.

In relazione alle ipotesi contemplate dall’art. 171-bis, comma 1 della L. 633/41, la mancanza del contrassegno non è elemento costitutivo della sola abusiva duplicazione di programmi per elaboratore; sicché la pronuncia della Corte di Giustizia non esplica alcun effetto sulla configurabilità di tale fattispecie. La mancanza del contrassegno è, invece, elemento costitutivo di tutte le altre ipotesi, compresa quella contestata nel caso di specie ovvero di detenzione a scopo imprenditoriale; per essa, quindi, è determinante il fatto di essere stata posta in essere anteriormente alla necessaria notifica alla Commissione Ue delle regole tecniche. Sulla base di tutto quanto premesso, l’imputato è stato assolto con la formula ampiamente liberatoria: “perché il fatto non sussiste” (cfr. Cass. 13 gennaio 2010 n. 107

(da Eutekne)