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L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nota anche come Autorità Antitrust, è una "Autorità indipendente" istituita dalla legge n. 287 del 10 ottobre 1990 ("Norme per la tutela della concorrenza e del mercato").

Con il termine Autorità indipendente si fa riferimento a un'amministrazione pubblica che prende le proprie decisioni sulla base della legge, senza possibilità di ingerenze da parte del Governo né di altri organi della rappresentanza politica.

Essa ha anche competenze in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa, così come stabilito dal Titolo III, Capo II del decreto legislativo n. 206 del 6 settembre 2005, e in materia di conflitti di interessi, come stabilito dalla legge n. 215 del 20 luglio 2004.

La sede unica dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato è a Roma.

L'indirizzo è:

Autorità garante della concorrenza e del mercato
Piazza G. Verdi n. 6/A- 00198 Roma

Tel.: 06/858211; fax: 06/85821256;
e-mail: antitrust@agcm.it
web: http://www.agcm.it

Fin dal 1992, i consumatori, i concorrenti, le associazioni professionali e le pubbliche amministrazioni possono presentare denunce e, quindi, di attivare la tutela in materia di pubblicità ingannevole.

Da un lato, chi denuncia un messaggio non lo fa in quanto portatore di un interesse individuale, ma attiva la tutela dell’interesse pubblico, con ciò permettendo all’Autorità di operare per l’eliminazione del messaggio illecito. Dall’altro, l’intervento dell’Autorità non avviene solo quando un consumatore sia stato concretamente ingannato; la semplice idoneità di un messaggio pubblicitario ad ingannare lo rende censurabile, consentendo così una protezione preventiva del pubblico.

Si ritiene “ingannevole” qualsiasi pubblicità che, in qualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone fisiche e giuridiche alle quali è rivolta, e che abbia la capacità di pregiudicare il comportamento economico di questi soggetti oppure possa ledere un concorrente. La nozione di pubblicità è molto ampia e si estende fino a comprendere la stessa confezione dei prodotti.

Secondo l'articolo 19 del decreto legislativo n. 206/2005 la pubblicità deve essere “palese, veritiera e corretta”.

In particolare, l'articolo 23 fa riferimento alla trasparenza della pubblicità che deve essere “chiaramente riconoscibile” come tale.

Una speciale attenzione viene posta ai messaggi pubblicitari che riguardano prodotti che mettano in pericolo la salute dei consumatori e che possono raggiungere bambini o adolescenti.

La pubblicità comparativa è quella modalità di comunicazione pubblicitaria con la quale un’impresa promuove i propri beni o servizi mettendoli a confronto con quelli dei concorrenti. Tali concorrenti possono essere individuati genericamente o invece specificamente. Nel primo caso si parla di pubblicità comparativa indiretta.

Ad esempio, chi attribuisce al proprio prodotto pregi unici implicitamente afferma che tali pregi non sono posseduti da tutti i prodotti concorrenti (un esempio può essere: “L’unica autovettura silenziosa come la notte”). Nel secondo caso si parla invece di pubblicità comparativa diretta. Qui i concorrenti sono invece resi riconoscibili o mediante citazione espressa della loro denominazione o del loro marchio (ad esempio: “L’auto X è più confortevole della Y e costa meno”), ovvero mediante l’indicazione di elementi che li rendano inequivocabilmente riconoscibili (un esempio di fantasia potrebbe essere: “Ci sono banane solo con il timbro e ci sono banane sane come Paquita”, dove, attraverso il “timbro”, è possibile individuare un’altra marca, anche se non viene esplicitamente nominata). Il confronto, ovviamente, può essere espresso a parole, ma anche attraverso immagini in grado di ottenere, spesso in modo più efficace, il medesimo risultato.

In Italia la pubblicità comparativa non è mai stata esplicitamente vietata dalla legge, ma, soprattutto quella diretta, è stata spesso ritenuta illecita dai giudici sulla base di un’interpretazione restrittiva delle esistenti norme in materia di concorrenza sleale (articolo 2598 del codice civile). Essa ha invece trovato ampio spazio nel sistema statunitense, in cui ha dato luogo a memorabili battaglie tra produttori di prodotti concorrenti.

La pubblicità comparativa diretta ha tradizionalmente suscitato la preoccupazione di molte imprese, perché la sua natura aggressiva incrementa i costi della battaglia concorrenziale. Essa tuttavia, se condotta correttamente, rappresenta uno strumento informativo fondamentale a disposizione dei consumatori, in quanto aumenta la trasparenza del mercato; ciascun produttore può valorizzare quei pregi che rendono superiore il suo prodotto rispetto a quelli degli altri, accreditandosi così presso il pubblico dei consumatori che potrebbe decretarne il successo.

In questi casi l’Autorità non può intervenire d’ufficio. Occorre una segnalazione esterna per avviare un’istruttoria per pubblicità ingannevole o per illiceità della comparazione pubblicitaria. L’iniziativa può essere assunta da concorrenti, da consumatori, dalle loro associazioni e organizzazioni, dal Ministero delle Attività Produttive e da ogni altra pubblica amministrazione. La segnalazione deve contenere tutte le informazioni previste dall’art. 2 del regolamento emanato con D.P.R. n. 284/2003.

In materia di pubblicità ingannevole e comparativa, il termine di conclusione di un procedimento è fissato in 75 giorni dalla data di ricevimento della richiesta, eventualmente prorogabili di altri 90 giorni.

Sine pennis volare haud facile est.