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Societa' di capitali, la dimissione del sindaco ha effetto immediato
Il Tribunale di Milano,
sezione VIII civile, con la sentenza n.42/2010, sulla base di un consolidato
orientamento giurisprudenziale, ha sentenziato che la rinuncia all¿incarico
di sindaco di societa' di capitali ha efficacia immediata.
Il Tribunale di Milano, sezione VIII civile, con la sentenza n.42/2010, sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale, ha sentenziato che la rinuncia all’incarico di sindaco di società di capitali ha efficacia immediata. La questione affrontata dal Tribunale meneghino è scaturita dal fatto che un sindaco di una società di capitali si era dimesso dall’incarico ma l’avvenuta iscrizione, da parte della società, di cessazione dell’incarico presso il Registro delle Imprese non era stata effettuata e contestualmente non era stato nominato un sindaco supplente in sostituzione. L’art. 2401 del Codice Civile afferma che “In caso di morte, di rinunzia o di decadenza di un sindaco, subentrano i supplenti in ordine di età, nel rispetto dell'articolo 2397, secondo comma. I nuovi sindaci restano in carica fino alla prossima assemblea, la quale deve provvedere alla nomina dei sindaci effettivi e supplenti necessari per l'integrazione del collegio, nel rispetto dell'articolo 2397, secondo comma. I nuovi nominati scadono insieme con quelli in carica. In caso di sostituzione del presidente, la presidenza è assunta fino alla prossima assemblea dal sindaco più anziano. Se con i sindaci supplenti non si completa il collegio sindacale, deve essere convocata l'assemblea perché provveda all'integrazione del collegio medesimo” . In sostanza l’articolo di riferimento del Codice Civile afferma il principio che la sostituzione dei sindaci effettivi con i supplenti è garantita dal meccanismo di sostituzione «automatica», per cui i sindaci supplenti subentrano in ordine di età e restano in carica fino alla prossima assemblea che deve provvedere assumendo le delibere relative alla integrazione del collegio. Il caso affrontato dai giudici milanesi trova riscontro in un recente orientamento della giurisprudenza di merito. La sentenza del Tribunale di Mantova del 25 luglio 2009 c’è stato un orientamento simile, per certi aspetti, a quello trattato dai giudici milanesi. Il caso nasce a seguito di un fallimento di una società nella quale agli amministratori e sindaci effettivi era stata avanzata domanda cautelare di sequestro conservativo dei beni; due componenti del collegio sindacale erano stati chiamati in causa ai fini delle responsabilità, in quanto erano sindaci supplenti e, a seguito delle dimissioni di due sindaci effettivi, erano subentrati in carica senza però che nessuno comunicasse loro, la nuova situazione. Tale circostanza non è stata contestata dalla curatela fallimentare che non ha dato alcuna prova di una comunicazione in tal senso. Secondo il Tribunale di Mantova ciò impedisce di affermare la loro responsabilità; se è vero infatti che nell’art. 2401 c.c. la disciplina delle dimissioni dei sindaci effettivi risponde all’esigenza di assicurare la continuità delle funzioni sindacali attraverso un meccanismo di sostituzione automatica o, in via residuale, mediante il ricorso all’assemblea per l’integrazione del collegio, è però anche vero che appare condivisibile quell’opinione dottrinale secondo cui le dimissioni, per essere efficaci, devono essere comunque comunicate ai sindaci supplenti; la conoscenza dell’effettività della funzione costituisce infatti il presupposto indefettibile, per l’adempimento dei doveri e l’esercizio dei poteri che la carica comporta e, pertanto, la responsabilità per la violazione di quei doveri ed il mancato esercizio dei poteri. L’orientamento del CNDCEC IL CNDCEC nella bozza delle “Norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate”, diramata lo scorso 6 agosto sul proprio sito per la pubblica consultazione afferma che la cessazione della carica di sindaco può discendere, oltre che dallo spirare del termine triennale di durata dell’incarico, dalla morte del sindaco o della sua revoca da parte di chi lo ha nominato (purché sulla base di una giusta causa e con omologa del Tribunale), anche dalla volontaria rinuncia del sindaco all’incarico. Nel rispetto della libertà personale, al sindaco è dunque consentito di rinunciare in qualsiasi momento al proprio incarico, interrompendo anticipatamente il proprio ufficio, rispetto alla sua naturale scadenza. Per il Tribunale di Milano la rinunzia di un sindaco effettivo ha effetto immediato, indipendentemente dalla sua accettazione da parte dell'assemblea, non solo quando sia possibile l'automatica sostituzione del dimissionario con un sindaco supplente ma anche laddove tale sostituzione non sia possibile per la mancanza di sindaci supplenti. Per i giudici milanesi, secondo l'orientamento che appare preferibile, va infatti letta la disciplina del novellato art. 2401 c.c., la quale, per il caso di «morte, di rinunzia o di decadenza di un sindaco» continua a non richiamare, come nel testo previgente, l'istituto della prorogatio e si limita - ancora come nel testo previgente - a prevedere, nell'ultimo comma, che “se con i sindaci supplenti non si completa il collegio sindacale, deve essere convocata l'assemblea, perché provveda all'integrazione del collegio medesimo”, così differenziandosi tale specifica disciplina da quella contenuta nel novellato art.2400 c.c., ove, con disposizione innovativa rispetto al testo previgente, si prevede invece esplicitamente la prorogatio dell'incarico dei sindaci per il diverso caso di cessazione degli stessi “per scadenza del termine”. Ad avviso del Tribunale di Milano deve ritenersi che nel caso di rinuncia del sindaco al proprio incarico, anche in mancanza di sindaci supplenti idonei a reintegrare il collegio, la rinuncia ha effetto immediato, posto che la prorogabilità dell'incarico: - da un lato non è prevista dalla specifica disciplina dell'art. 2410 c.c. e non è ricavabile da un principio generale dell'ordinamento; - d'altro lato, non può essere ricostruita in via di applicazione analogica dell'art. 2400 c.c., dettato per la ben diversa ipotesi della cessazione dell'incarico sindacale per scadenza del suo termine, ipotesi questa nella quale non ricorre alcuna espressa manifestazione di volontà del sindaco di non voler proseguire nell'incarico. Né a contrastare la ricostruzione fin qui prospettata può poi valere, per i giudici milanesi, il tradizionale rilievo della esigenza di continuità di funzionamento dell'organo di controllo che avrebbe valenza analoga a quella di continuità di funzionamento dell'organo amministrativo, per il quale l'art. 2385 c.c. (nel testo previgente così come in quello novellato) prevede la prorogatio degli amministratori cessati anche nel caso di rinuncia degli stessi.
Fonte: Sito IPSOA www.ipsoa.it
Forse non tutti sanno che:
la legge comunitaria 2008, recentemente promulgata, tornano le sanzioni per chi non ottempera agli adempimenti pubblicitari dettati dall’articolo 2250 del codice civile.
Tali sanzione erano state cancellate dal secondo governo Berlusconi, mediante l’abrogazione dell’articolo 2627 c.c. ad opera del D.Lgs 61/2002 (universalmente noto come decreto sul falso in bilancio).
Il secondo comma dell’articolo 42 della legge n. 88 del 7 luglio 2009 pone, dunque, fine, modificando l’articolo 2630 c.c. e prevedendo sanzioni più severe, a una situazione di fatto che durava ormai da più di sette anni.
Infatti, molte erano le società che non rispettavano quanto disposto dal codice civile il quale imponeva, in particolare, a tutte le società soggette all’obbligo di iscrizione al Registro delle Imprese l’indicazione, negli atti e nella corrispondenza, di alcuni dati identificativi previsti dall’articolo 2250 del c.c.
Iudex damnatur ubi nocens absolvitur. |